Simone Peretti: anatomia di un uomo volante

Simone Peretti: anatomia di un uomo volante

by 7 Maggio 2013

Simone Peretti è il figlio del vento. In porta, per come guizza, per come vola da un palo all’altro con disarmante leggiadria, sembra sospinto dal soffio divino di Eolo. Quando si protende in tuffo, coi piedi par quasi non toccare terra. Lui punta e va, alto, altissimo. Stacco, volo, planata: la sua vita calcistica è così. Con le mani guantate, il pensiero che fa rima con istinto, le ginocchia …che gridano vendetta. Simone Peretti è uno dei portieri più reattivi e forse più spettacolari dell’intero calcio dilettante. Uno che il numero uno non lo porta per caso. Lo sanno i compagni che hanno la fortuna di averlo tra i pali, per cui è un baluardo più che affidabile. Lo sanno gli avversari, che per trafiggerlo sudano molto di più delle proverbiali sette camicie. Peretti è un uomo volante prestato al calcio, unico nella sua specie.

Quest’anno, si è regalato un bis d’autore, conquistando per la seconda stagione consecutiva lo scettro del campionato di Prima Categoria. Ieri con la Provese, oggi con l’Hellas Monteforte. Il tempo passa, ma Peretti rimane quello di sempre: sforna parate, regala spettacolo, ringhia come pochi. Fuori dal campo però, è l’emblema della goliardia, dell’estroversione, di quel pizzico di pazzia che risiede in ogni portiere. E nei suoi occhi, di questi tempi, riluce la gioia mai banale di chi ha vinto, ancora una volta, l’ennesima battaglia:

“Vincere questo campionato – ammette Simone – è una grande soddisfazione. Vincere è sempre bello, quest’anno è stato fantastico. Per il gruppo, per l’amicizia che s’è creata tra noi, per la bravura del nostro allenatore Mantovani. L’abbiamo meritata, questa vittoria: ora ce la stiamo godendo”.

E’ la terza volta che vinci la Prima Categoria. Secondo un diffuso parere, da tempo meriteresti altri palcoscenici: che sia la volta buona di provare categorie superiori?

“I complimenti fanno piacere, ma quel che si dice in giro conta relativamente, io preferisco far parlare il campo. In Promozione penso di poterci stare, e sì, lo ammetto, vorrei provarla, vediamo se stavolta ci sono tutte le condizioni”.

Riavvolgiamo il nastro: che anno è stato a Monteforte?

“Stupendo, da tutti i punti di vista. Il gruppo è stato sempre unito, abbiamo superato tutti i momenti complicati, che non sono mancati. Un grande merito va al nostro mister Mantovani, che ha fatto veramente un ottimo lavoro, a alla società tutta, che non ci ha mai fatto mancare nulla”.

Dovessi fare dei nomi: chi metteresti sul piedistallo?

“Potrei dire tutti, scegliere è complicatissimo. Però ne dico due: il nostro giovane Nicolò Derna, che è cresciuto tantissimo, e il nostro vecchietto Rudi Bertoldi, che a 38 anni suonati, forte di un fisico pazzesco, ha fatto 30 partite ad altissimo livello”.

Torniamo ancora indietro nel tempo: qual è stato il momento più bello della tua carriera?

“Il primo campionato vinto con l’Union Ac, la prima volta non si scorda mai. Furono anni stupendi, quelli di San Gregorio”.

La partita che ti è rimasta dentro?

“Gazzolo-Nova Gens: parai due rigori a distanza di dieci minuti, una cosa che raramente succede. Ancora oggi, il ricordo di quella gara mi dà soddisfazione”.

Una domanda spinosa: quanto conta il preparatore per il portiere?

“Parlo per me: almeno un 60-70 per cento. Uno può avere delle doti innate, ma se non le allena col lavoro settimanale non riesce a svilupparle, a migliorare. Avere un buon preparatore è fondamentale, e lasciatemi ringraziare il mio, Luca Visentin, che da anni mi segue e mi ha permesso di raggiungere certi livelli. A lui sarò sempre grato”.

Concludiamo rivolgendo lo sguardo al futuro: provassi la Promozione, resterai all’Hellas Monteforte?

“Finiti i giochi mi siederò ad un tavolo con la dirigenza per parlare del futuro. I presupposti ci sono, mi sono trovato benissimo qui. Lasciamo che tutto finisca, poi decideremo con calma”.