“Piacere, sono il Direttore Sportivo”. Intervista ad Adriano Zuppini

“Piacere, sono il Direttore Sportivo”. Intervista ad Adriano Zuppini

by 21 Novembre 2014

Adriano Zuppini, 60 anni appena compiuti, Direttore Sportivo di vecchia data, già a 30 anni era DS al Tregnago per 5 anni fino ad accompagnare i gialloblu di vallata in una serie D storica, poi all’Audace per altri sette, uomo di fiducia di Giusy Farina, il vulcanico ex presidente del Milan, precursore dei moderni presidenti non più mecenati. Da diciotto anni è con i rossoblu ,con la Virtus di Verona.
Ha esperienza e carisma per parlare della figura del Direttore Sportivo, figura necessaria anche nelle società dilettantistiche ed è per questo motivo che verrà istituito il Patentino/Licenza anche per le società minori, allo scopo di evitare improvvisazioni e decisioni senza la giusta cultura. Anticipa subito che nelle società dilettanti-stiche la figura del Presidente è sempre meno operativa (fatti salvi alcuni casi dove il presidente fa di tutto), di-venta invece fondamentale il binomio Segretario-Direttore Sportivo che devono andare a braccetto in quanto detengono la cultura del calcio e la trasformano, assieme, in calcio giocato e soprattutto organizzato.

Quali sono le caratteristiche principali per un buon DS?

“Buon osservatore, organizzatore, collocare le persone giuste. La giusta personalità, anche per proporsi a presi-denti sanguigni, parlare con ragazzi in crisi e mister che magari hanno bisogno di qualche suggerimento. Buon ascoltatore, fino a sentire le fidanzate sugli aspetti morali dei giovani. E infine una grande spirito di sacrificio”.

Parliamo del settore giovanile…

“Prima di tutto devo ricordare tre valori fondamentali per il giovane calciatore, famiglia, studio, calcio, in ordine di importanza. Questa dev’essere la filosofia anche di chi gestisce una società di calcio. Bisogna saper gestire anche interventi dolorosi verso quei giovani, che pur motivati, non possono avere evoluzioni nel professionismo. Bisogna evitare illusioni , giocare al calcio per il piacere di giocare e di stare in buona compagnia. E anche stimolare i genitori a far studiare e pensare al lavoro piuttosto che alle carriere in serie A”.

A proposito di genitori, se ne parla piuttosto male in certe cronache..

“L’atteggiamento dei genitori è purtroppo peggiorato, in tutti questi anni ho potuto osservare comportamenti che sono passati dalla fase ludica a quella iper critica, ci sono genitori che diventano procuratori dei propri figli. Peggio ancora se il ragazzo non va, addossano responsabilità alla squadra, a compagni poco generosi, all’arbitro ,se il figlio non arriva a risultati di valore. Ho sempre cercato di prendere provvedimenti minimi, non più quando il genitore interviene nei confronti dei compagni di squadra creando problemi pesanti”.

La rivoluzione nel calcio, si può fare?

“L’obiettivo è giocare meglio e fare spettacolo. Ho osservato che negli ultimi anni le difese sono meglio organizzate ed è difficile vedere delle belle partite, anche i fuoriclasse quando vengono imbrigliati hanno poco da far vedere. Adesso è il momento di porre in atto alcune varianti alle regole di sempre. E’ solo questione di buona volontà e di saper superare le barriere della tradizione quando queste sono obsolete”.

Per esempio?

“Prima di tutto i cambi liberi, come nel basket o in altri sport. Questo accorgimento permetterebbe ai mister di gestire meglio il gruppo ( per offrire a tutti la possibilità di giocare) e di dare risposte in termini tattici in ogni momento della partita. Un altro modo per ridurre gli effetti del cattivo gioco sono le espulsioni a tempo, troppo spesso assistiamo a falli piuttosto pesanti dei difensori che non vengono penalizzati per evitare – da parte degli arbitri – il dramma dell’espulsione. Meno drammatica sarebbe l’espulsione a tempo, cartellino giallo ed espulsione per 5 minuti, questo sarebbe un deterrente giusto verso il gioco scorretto e falloso. Infine il fuorigioco limitato alle aree di rigore, permetterebbe alle squadre di “allungarsi” favorendo azioni aperte in profondità. con lanci lunghi, tutto a beneficio dello spettacolo e del bel calcio, sia per chi è in campo sia per chi osserva dalle gradinate”.