Le mille vie dello sport: viaggio tra le rotte di una grande metafora della vita. Cliccate, leggete, riconoscetevi

Le mille vie dello sport: viaggio tra le rotte di una grande metafora della vita. Cliccate, leggete, riconoscetevi

by 26 Marzo 2014

Se immaginassimo lo sport come un insieme di rotte da seguire, ci accorgeremmo che molte sono proprio sotto i nostri piedi. Attraverserebbero i nostri pensieri, i corridoi delle nostre case, correrebbero affianco alle tavole dove mangiamo, sopra o sotto i letti dove riposiamo. Ci accompagnano ovunque, materialmente e spiritualmente. Vi pongo un quesito: perchè si descrive lo sport come una metafora della vita? Perchè le sue rotte sono le nostre. Perchè ci sono tanti tipi di sport. C’è lo sport agonistico e quello amatoriale, lo sport scritto e quello parlato, lo sport immaginato e quello sognato, lo sport che emoziona e quello che invece fa addormentare. Chi ha il buon cuore di provare un’introspezione se ne accorgerà: tutti i tipi di sport citati ci hanno, almeno una volta, toccati, coinvolti di persona. Si può tranquillamente capovolgere la questione: è la vita stessa uno sport. Tra i due concetti non c’è antinomia: c’è simbiosi.

C’è chi è professionista e chi un dilettante-amatore, c’è chi in una partita vede metafore ovunque e chi, per giocare quella partita, vola col pensiero, immagina, sogna. C’è chi parla di sport per lavoro, chi per diletto, chi per costrizione altrui. C’è chi scrive di sport, noi giornalisti in primis. C’è chi si emoziona e chi invece ripudia a priori ogni tipo di movimento. Perchè lo sport è come la natura: una e molteplice. Per dirla con filosofia: un’essenza e molteplici sostanze. O meglio: una materia plasmata in molteplici forme. Domandatevi perchè piace, perchè è così diffuso, perchè fa discutere, perchè suscita emozioni, perchè non muore mai, neanche al cospetto di chi, per interessi sui quali non disquisiamo, gli ha puntato una pistola alla tempia.

La risposta è semplicissima. Ed è come lo sport stesso: una, ma dai mille significati. La si può interpretare come si vuole, a seconda delle proprie categorie: perchè permette il riconoscimento di una parte, se non tutto, del nostro sè. Perchè è comunicazione e condivisione assieme, perchè è democratico e per tutti, perchè è universale e particolare assieme. Pensateci: che sia sport individuale o collettivo, chiunque lo pratica comunica qualcosa, condivide strumenti ed intuizioni, tempo e sacrifici, gioie e dolori, sorrisi e sopportazioni. Sa che lo sport è uno ma i suoi risvolti sono infiniti. E ognuno può scegliere il suo.

Perchè lo sport è libertà. E’ potenza che diventa atto e atto che torna in potenza di divenire. E’ un flusso in continuo mutamento, transeunte e imperituro, come una creazione artistica. Pensateci, il confronto regge: a prescindere da chi lo interpreta, il personaggio artistico sopravvive sempre. Don Abbondio resta Don Abbondio, Ulisse rimane Ulisse, Enea rimane Enea. Per il concetto di sport vale la stessa cosa: sopravviverà sempre, anche oltre gli sbagli e gli incalcolabili errori dei suoi cultori. Un margine di ricostruzione ci sarà sempre. Non raggiungerà mai la perfezione, forse perchè la perfezione non esiste se la intendiamo come compiutezza. La perfezione vera è un’idealistica tensione verso l’assoluto, verso un miglioramento umano e ispirato al buonsenso sempre possibile.

Come la vita: un viaggio verso un domani che si vuole migliore, contraddistinto da tanti auspici che cozzano contro altrettante contraddizioni. La crisi è arrivata anche qui, sotto i nostri piedi: ci toglie il gusto di coltivare il bello della vita. Ci impone l’utile che non sempre arriva e ci priva del dilettevole. Volessimo, potremmo impedirlo. La via da seguire c’è: la percorre chi cade ma si rialza, chi ha il coraggio di cambiare, chi ha il buonsenso di non fare il passo più lungo della gamba ma cammina sempre, fa un passo in più, perchè non vuol saperne di rimanere fermo. Certi rigori della sorte non si possono parare. Ma una partita non è fatta solo di rigori: giochiamoci il resto, finchè siamo in tempo. Ne va del futuro dello sport e della bontà delle nuove generazioni, che senza uno spazio per coltivare una passione che profuma di difficoltà e sacrifici, sono destinate a morire nel vuoto della comodità che ci trasforma in eterni quiescenti. Continuiamo la nostra marcia: anche le sconfitte hanno un senso. Insegnano a cambiare rotta o ad invertirla: l’importante, è non rimanere fermi. In campo, come nella vita.

Grazie per l’attenzione

Vi rinnovo l’appuntamento al prossimo editoriale.

Per ogni segnalazione, l’indirizzo cui scrivere è sempre quello:

riccardo.perandini@libero.it

Un saluto cordiale, alla prossima

Riccardo Perandini

Direttore Editoriale Calcio Dilettante Veronese