Una vita tra i legni. La solitudine dei numeri uno

Una vita tra i legni. La solitudine dei numeri uno

by 2 Ottobre 2013

Portieri. Sopra o sotto le righe. Dentro e fuori dagli schemi. Con l’uno sulle spalle, sospesi a metà, col pensiero, col cuore, con le emozioni. Particolari per natura, impossibili da non notare.

Portieri. In lotta col clima, perchè là dentro, nell’area di rigore, la tranquillità è un’utopia. Col caldo per l’afa, per l’impossibilità, e l’improbabilità, di vestirsi a dovere. Svestiti si graffiano ad ogni tuffo, protetti colano, come ghiaccioli al sole, sotto i raggi del solleone. Col freddo per la malignità del Generale Inverno. Mai clemente, nemmeno quando spunta un occhio di sole. Vento, acqua, freddo, fanghiglia: ce n’è sempre una. Il numero uno però, rimane là, stoico, sapendo che quella è la sua vita, quello è il destino che si è scelto.

Portieri. Da soli contro tutti. Anche contro se stessi, se la testa non gira. Perchè è quella che comanda le gambe. E’ quella che tiene l’occhio vispo, l’attenzione alta, i muscoli in tensione. E’ lei che vince sul campo, sempre. Più che un preparatore, a volte, servirebbe lo psicologo. Impossibile negarlo: chi l’ha provato può confermare.

Portieri. Così solitari eppur così importanti. Fuori dai giochi, eppur fondamentali. Basta una parata, un’uscita, un rinvio, un liscio, e la partita cambia. Per la gloria o la rovina di uno, brindano o pagano tutti: nei brividi dei portieri è scritta la storia del calcio.

Attimi, talora fuggenti, talora lenti. Come i calci di rigore. Eternità racchiuse in pochi secondi. La rincorsa sembra una vita intera. Poi la palla parte, e loro vanno, quasi ad occhi chiusi, quasi con incoscienza, a destra o a sinistra, seguendo l’istinto e la fortuna, che ogni tanto saluta anche loro, da bordo campo.

Portieri. Tra angosce kierkegaardiane e dionisiache gioie nietzscheane. Sospinti dall’alfa all’omega della vita calcistica, a volte per meriti o demeriti propri, a volte senza nemmeno accorgersene.

Portieri. Figli della solitudine dei numeri uno. Irriducibili, come i numeri primi. Dopo di loro il nulla. La loro vita è poesia pura, quella della dèa Eupalla che li ha creati, che li ha messi a difendere i legni. Anche lei li ammira, li sostiene, in silente preghiera, senza far troppo rumore, all’interno dell’area di rigore.

Sono gli anticonformisti del pallone, i diversi per natura, gli equilibristi tra il genio e la follia. Meritano anche loro attenzione. Non ci sono solo bomber e numeri dieci. Perchè la storia del calcio passa da lì, dai guantoni che roteano in aria in cerca del pallone che vola. Profuma di cuoio e lattice.

Fermatevi un momento, e pensate a quant’è controcorrente, nella frenesia del calcio moderno, la solitudine dei numeri uno.