Siamo tutti Riganò. La storia di Christian rivive dentro ognuno di noi

Siamo tutti Riganò. La storia di Christian rivive dentro ognuno di noi

by 5 Aprile 2013

Siamo tutti Riganò. Non importa come, quanto, perchè: c’è un po’ di lui in tutti noi. C’è parte della sua vita, della sua storia, della sua imperfezione. L’unica differenza, è che Riganò tra i professionisti c’è arrivato. Tardi, forse. Ma c’è arrivato.

 

Ha ridato vita al viola sbiadito della Fiorentina (allora Florentia), ha portato in alto la bandiera del Messina, che ora è nei dilettanti, ha provato l’esperienza all’estero, in Spagna, con la casacca del Levante. Gli è mancata solo la Nazionale, ma ha saputo regalarsi un sogno. Da solo, col suo viso rubicondo, il suo fare senza fronzoli, poco incline ai riflettori, il suo linguaggio schietto, sincero, con quella virgola d’incertezza che tinge l’espressione di chi non è abituato a certi rituali.

 

Si dice che avesse fatto il muratore fino a venticinque anni: se è una leggenda, vogliamo crederci. Perchè quella è la storia di tutti noi: prima la vita, con le sue fatiche, le sue asperità, il suo incedere quotidiano, poi il calcio. Senza riflettori, paroloni, procuratori, televisioni, promesse, miraggi, giornalisti spacconi. Si parla della radice inestirpabile di questo sport: il pallone,  i compagni, il pensiero che viaggia veloce, mentre tutti si rincorrono. Riganò l’ha portata stampata in viso anche quando era in Serie A. Si vedeva, si capiva ad occhio nudo: nelle sue movenze in campo, nella sua bonaria irruenza, negli occhi che zampillavano d’ardore. Era sempre un po’ sotto e un po’ sopra le righe, conservava la sua imperfezione nel tocco di palla, nel passo, nel tiro in porta.

 

Però segnava, eccome se segnava Riganò. Muratore del goal, s’è costruito una vita a colpi di zampate, di zuccate improvvise, di tocchi felici e di autentiche bordate scaraventate in porta. Sul campo, mai altrove. Riganò parlava coi fatti, la domenica. Poi tornava se stesso, sempre. Mai una dichiarazione scomposta, un segno di cedimento, pur comprensibile, per la dolce vita figlia del bagliore della ribalta. Ha vissuto momenti felicissimi, e probabilmente, da buon cannoniere, avrà saputo goderseli a dovere. Finita la festa però, nulla è cambiato nel suo animo.  Perchè Riganò è uno di noi: è un dilettante nel senso latino del termine, “delectans”, colui che si diverte. E tra di noi è tornato: per cinque gare vestirà la maglia del Benaco Calcio, in Promozione. Un onore per i benacensi, una difficoltà in più per gli avversari.

 

Averlo nel nostro mondo però, seppur per poco, sarà un piacere. Ricordatelo: il periodo aureo della carriera di Riganò non l’ha cambiato di una virgola. Chiuso col calcio s’è ricostruito una vita, ed è tornato da dov’era venuto, tra i suoi riferimenti, tra le sue origini. Non poteva essere altrimenti, se ci pensate: non si scorda mai il posto in cui si è nati.