Partite bloccate da troppa tattica. Dov’è il calcio che diverte?

Partite bloccate da troppa tattica. Dov’è il calcio che diverte?

by 4 Febbraio 2014

Divertirsi guardando una partita di pallone, di questi tempi, è diventata pura utopia. Basta guardare la Serie A: le sfide sono tutte uguali. Il campionato di calcio è diventato una tiritera di passaggi alla ricerca del pertugio giusto tra un groviglio di marcature, raddoppi, diagonali difensive. Più che una partita, spesso, par di assistere ad un allenamento sul possesso palla.

I portieri, un tempo primattori dello spettacolo pedatorio, spesso sono spettatori non paganti. Per mettersi in mostra hanno pochissime occasioni, e talvolta vengono traditi dalla concentrazione, sfigurando in rovinose papere. Gli attaccanti sono diventati dei lottatori, il dribbling è un lusso concesso a pochi, i numeri dieci, nel calcio di ieri sinonimo di poesia, sono una specie in via d’estinzione.

Dov’è finito il campionato più bello del mondo? E il calcio che diverte, dov’è? Per avvertire l’emozione di una gara bisogna essere per forza tifosi. Ma non tutti hanno una squadra del cuore. C’è anche chi va in tribuna, senza prorompere in un tifo sfegatato, per assistere ad uno spettacolo, come chi va a teatro o al cinema. Perchè è questo, che dovrebbe essere il calcio. Altrimenti, che senso ha pagare il biglietto?

Regna una noia tombale: la palla gira e rigira, a volte esce, e quando non esce il gioco è spezzettato da falli continui. Lo spettatore, appollaiato in tribuna, rischia di finire in catalessi. Raccogliendo un discreto numero di interviste, ci siamo accorti che la deriva ha toccato anche i dilettanti. Di partite vibranti ce ne sono ancora: sia chiaro. Ma rispetto a qualche anno fa, la componente spettacolare viene meno.

C’è meno tecnica, innanzitutto. Si vedono meno passaggi riusciti e la fisicità è diventata una componente praticamente imprescindibile. Passi per chi si deve salvare: chi non dispone di certe qualità è giustificato. Una volta, però, il vecchio stile difesa e contropiede qualche emozione la regalava. Qualche sgroppata epica toglieva il torpore dalle tribune. Oggi, quel vecchio stile è rimasto a metà: c’è la difesa, ma il contropiede spesso è una chimera. La palla fluttua nell’aria e finisce preda dell’altra retroguardia, per novanta lunghi, interminabili minuti.

E chi deve vincere? Non sempre vince perchè gioca meglio, anzi. Basta salire sugli spalti di campi di qualsiasi categoria. Una grande differenza, di fatto, non c’è. La differenza vera la fanno spesso gli episodi, le incertezze arbitrali, la fortuna che accarezza o bastona. Sarà che i campi sono quello che sono, ma anche nelle categorie più alte, dove tante squadre si allenano tre o quattro volte a settimana, non si vedono spesso partite degne del non proprio modico prezzo del biglietto.

Per fortuna, nel nostro calcio qualche baluardo c’è. Qualche squadra, pur con qualche fisiologica falla, ha raccolto unanimi consensi in fatto di qualità del gioco. Su tutte il Dossobuono e la Belfiorese. Non c’è addetto ai lavori che abbia espresso pareri differenti: i dati, che piacciano o no, che convincano o meno, sono questi. Dossobuono e Belfiorese sono le due squadre che, per bocca di tutti, hanno espresso il miglior calcio nelle rispettive categorie, la Seconda e la Promozione. Le uniche a guadagnarsi un plauso di chiunque: altrove non è così, non c’è una squadra che raccoglie più di due, tre consensi.

Se in Serie A Juventus, Roma e Fiorentina sono, stando sempre a dati statistici, le squadre ancora in grado di abbinare il bel gioco alla ricerca del risultato, l’utile con il dilettevole, nel nostro calcio ci sono Dossobuono e Belfiorese. Forse, nel girone di ritorno qualcuno le seguirà, magari prendendo il loro posto. Sono le ultime due bandiere rimaste: facciamole sventolare, finchè non se ne aggiungono altre.