LINEA DIRETTA/Dura la vita del calciatore?

LINEA DIRETTA/Dura la vita del calciatore?

by 20 Settembre 2012

 

Settembre incede, con la proverbiale lentezza che accompagna il passaggio dall’estate all’autunno. Il sole scende prima, spira un venticello leggero, il cielo spruzza sul mondo le prime pioggerelline. Per i campi di calcio risposte e interrogativi si rincorrono, sfiorandosi senza toccarsi, in precario equilibrio sul filo dell’ottimismo agostano. L’occhio psicologico settembrino non inganna mai: viviamo nella perenne ricerca di una conferma, e il primo mese di calcio giocato non fa eccezione. Periodo intenso, interessante, condito da sempre da immancabili sorprese. Non c’è nulla di banale, nei primi responsi del campo. Chi semina raccoglie, la storia è arcinota. E la presenza di novità inconsuete non fa altro che alimentare il sano piacere della scoperta.

A far sorridere, però, è lo stridente accostamento tra gli atteggiamenti degli addetti ai lavori. C’è chi mette le mani avanti prima di iniziare, sfoderando scaramantiche prudenze. Chi osa, coraggioso come non mai, sbandierando i valori dell’homo faber, ignaro di rischiare mitologici scivoloni. Chi definisce “pretattica” le proprie dichiarazioni, dimenticandosi che nei dilettanti la tattica è spesso un’idea, una monade, un’entità metafisica. Figuriamoci la pretattica, che è peggio ancora. Ci vorrebbe un’indagine sociologica, per risalire alle radici di tali devianze dell’agire umano. Comunque sia, tutto concorre alla riuscita dello spettacolo. Ben vengano, dunque. Il nostro è un romanzo popolare figlio della più genuina imperfezione, e senza i suoi strafalcioni non avrebbe modo d’esistere.

Ma passiamo ai calciatori. L’arrivo del campionato comporta scelte di vita, che partono dal responsabile e sconfinano nell’imponderabile. Talvolta, alcune scelte cozzano con la più storica delle tradizioni (l’uso delle famigerate multe), e il mix è esplosivo. Partiamo da una questione delicatissima: il rispetto degli orari. La serietà, una volta preso un impegno, è d’obbligo, ed è normale che sia così. Da qui, l’eterna domanda: quand’è, effettivamente, che scatta la multa? O meglio, quando il ritardatario è passibile di reato? Meglio ancora: quale orologio fa fede? La diatriba, nel terzo millennio, non è ancora risolta. Ma non è un problema, anzi. E per fortuna, diciamo noi, perchè spesso il confine tra la punizione e il perdono è talmente sottile che basta un nulla per mettersi d’accordo.

L’argomento multe, però, va approfondito: ne va del rigor di cronaca. La considerazione del suddetto deterrente, tanto per cominciare, è del tutto filosofica. C’è chi lo considera una bazzecola, chi una tradizione da rispettare per il bene del gruppo. Altri lo utilizzano per stimolare la competitività negli allenamenti, e lo strumento a volte funziona. Ma il caso peggiore, più poetico, e forse più frequente, è questo: le multe ci sono ma non si applicano, o si applicano con criteri impressionisti. Non si sa chi paghi, perché si debba pagare, chi raccolga i soldi, dove finiscano. L’incertezza regna sovrana, e la trasparenza non s’è mai vista. Ma spesso, va detto, il caso limite si risolve con una serata offerta in compagnia. Magari, fosse sempre così.

Volgendo verso la conclusione, voltiamo pagina. Parlavamo di scelte, discutiamo della più ardua da compiere: la rinuncia. La prima rinuncia riguarda l’alimentazione: quanti mangiano in modo adeguato in prossimità degli allenamenti e delle partite? Oltre a chi il buonsenso lo usa realmente, si sentono teorie astruse: tutti carboidrati, solo proteine, verdure in abbondanza. Tanto vociare è inutile: un piatto di pasta, un secondo leggero e una crostata sono sufficienti. Basterà? Non credo: i grugniti durante il riscaldamento sono duri a morire, e chissà perché.

 La seconda rinuncia, non meno importante, riguarda le libertà del sabato sera. Sul tema si sono scontrati i teorici più convinti: salutisti contro libertini, assennati contro sfrontati. Lo scontro, pare, non avrà mai né vincitori né vinti, e il melodramma della rinuncia durerà imperterrito per l’eternità, con buona pace degli allenatori.

Concludiamo con la ciliegina sulla torta, l’elemento di curiosità che non può e non deve mancare. L’inizio del campionato rimette in piedi uno dei momenti più cool dello spettacolo calcistico: il post-partita. Si parte dal momento più classico e frugale del panino in compagnia, ma il clou domenicale è l’aperitivo. Sciami di calciatori invadono bar e locali, e anche qui emergono due categorie inflessibili e distinte: i fieri, sempre in prima fila con la tuta di rappresentanza, e gli pseudo divi, tirati a lucido in meno di mezzora, pronti a giocare una nuova, accattivante partita senza arbitri. Che spettacolo, quest’umanità in piedi: Mendel e Darwin risorgerebbero per studiarla. Una specie rara, domenicale, divertente come poche altre. Gli allenatori chiudano un occhio, una volta tanto: l’homo aperitivus ha bisogno di concentrazione, e non può essere disturbato.

Riccardo Perandini