LINEA DIRETTA/ Fenomenologia marzolina: quant’è varia, l’umanità calcistica sul finire di stagione?

LINEA DIRETTA/ Fenomenologia marzolina: quant’è varia, l’umanità calcistica sul finire di stagione?

by 22 Febbraio 2013

Massime. Marzo è il mese delle massime. Prepariamoci per tempo: col cervello, il cuore…lo stomaco. Lo spettacolo è di quelli da non perdere: serviranno buon cuore e buonsenso, pazienza e incoscienza, ottimismo e ironia. Tutte doti molto italiane, niente di straordinariamente particolare. Parlavamo di massime, e ne spieghiamo il motivo: marzo è il mese in cui si decide per quale obiettivo correre, o il periodo in cui ci si convince, per lo meno, di quale sia la parte più idonea da recitare nel finale di stagione. La ricerca d’identità giunge ad un punto di non ritorno dove la volontà cozza con l’esigenza, l’ottimismo con la necessità, il pessimismo con la matematica, e il risultato non merita di passare inosservato.

Ma qual è, il risultato di cui stiamo parlando? Sono le massime, a metà tra il proverbio, il luogo comune, la frase fatta e la sentenza. Un ping pong dialettico che rimbalza dalla filosofia alla giurisprudenza (usi e consuetudini, ultimo gradino della gerarchia delle fonti del diritto secondo la vigente Costituzione italiana), passando per la saggezza popolare e una sottile, incertissima faciloneria. Vedremo la differenza di chi si copre e di chi si espone, di chi ostenta prudenza e di chi sfida la sorte. Assisteremo al curioso, interessantissimo confronto di opinioni tra chi ci mette la faccia, con tutti i rischi del caso, e chi nasconde il proprio pensiero (forse i propri timori, forse le proprie ambizioni) sotto il robusto velo della scaramanzia. Non è una critica: è una semplicissima, simpatica e divertita constatazione di fatto. Da leggere con curiosità, disincanto. Da cogliere nella sua essenza più vera, che ancora sorride a chi è capace di assaporare il gusto di non prendersi troppo sul serio. Sarà l’epopea di una quotidianità che corricchia ondeggiante dall’ideale al reale, aspettando ansiosa i responsi della domenica. Un racconto che mette a nudo incredibili varietà della specie umana: vediamone alcuni esemplari.

Il più famoso è il possibilista convinto: non molla un centimetro, sprizza ottimismo da tutti pori e la sua parola d’ordine è: convinzione. Di solito è un dirigente, pronto a dire la propria con volenterosa generosità. In tempo di crisi però, sale sul palcoscenico un suo stretto parente con calzettoni e bullonate, il possibilista svogliato: esemplare malinconico, quasi crepuscolare. Guarda la classifica e sbuffa, scende in campo corricchiando, guardandosi attorno con occhio interrogativo. “Perché sono qui?” pensa indolente “ma sì, magari vinciamo. Chissà che non finisca, ‘sto benedetto campionato”. C’è lo scaramantico, il più letterario di tutti: ha l’obiettivo ad un palmo, e non può permettersi di ragionare prima di raggiungerlo. C’è l’analista, che aspetta la fine della stagione per farne l’autopsia. Parla di numeri e infortuni, episodi sfortunati e arbitri malcapitati. Ha tutto sotto controllo, ma a volte sembra perderne la certezza: perché? E’ un mistero del mestiere, ma nessuno l’ha mai scoperto. Suo compagno di merende è il filosofo, che con la matematica non ha mai avuto un grande rapporto, e allora preferisce interpretare il campionato secondo i dettami di una scuola di pensiero. Forse l’idealismo, impegnato nella ricerca dell’assoluto per i campi spelacchiati di Verona e provincia. Forse il relativismo, per la convinzione che se tutto è relativo, in una partita di pallone, figuriamoci in un’intera stagione. O magari il positivismo: se tutto è scienza, anche il calcio è figlio dei numeri. Già li vedo, i Comte del terzo millennio, ingegnarsi sul motivo per cui, nel 2013, certi terzini crossano ancora con la dolcezza di un fabbro. Contro tutto e tutti, volgendo verso la conclusione, c’è lo specchio di molti italiani di oggi: il polemico, che ne ha per chiunque, se stesso compreso, e non sa più che pesci pigliare, per continuare a criticare. Interessantissimo, è l’ecumenico: ha già ciò che desiderava, e dispensa consigli, lodi, incoraggiamenti a ogni persona che incontra, rendendosi simpatico a tutti. “Accipite et bibite omnes”(prendete e bevetene tutti), sembra dire con fare messianico, mentre si rivolge a chi si abbevera alla sua fonte di saggezza calcistica.

Ce ne sarebbero molti altri: l’addormentato, l’indolente, l’oratore, il tattico (anche nei peggiori campi di Terza Categoria), il sanguigno, l’indomabile, l’impassibile. Ma ci fermiamo qui: non possiamo svelare tutto, a due mesi dalla chiusura dei giochi. Ci saranno altre evoluzioni, diverse sono già in culla. Comunque vada, le fenomenologia dello spirito marzolino sarà uno spettacolo: godiamocela. Georg Hegel non si arrabbierà, stiamo pure tranquilli.