Le memorie di Fabio Brutti. L’ex numero uno: “L’esperienza da diesse è stimolante. Il campo? Manca tantissimo”

Le memorie di Fabio Brutti. L’ex numero uno: “L’esperienza da diesse è stimolante. Il campo? Manca tantissimo”

by 18 Ottobre 2013

L’alba di un nuovo ruolo e il tramonto d’una vita intera. Trascorsa con le mani guantate, nell’area di rigore, a volare tra i legni. Cambio improvviso: dal campo alla scrivania. Da numero uno a direttore sportivo. E’ la storia di Fabio Brutti, uno dei portieri più apprezzati dell’intero panorama dilettantistico veronese. Chi mastica calcio non può non conoscerlo.

Brutti è stato il simbolo, l’uomo in più, il significante e il significato delle tante squadra in cui ha militato. Per il carisma, l’animo limpido, la passione, la bravura tra i pali. Ovunque è stato ha lasciato il segno. Che abbia vinto o no, ognuno lo ricorda col sorriso. Forse questo, più dei risultati, è il lascito più bello che il calcio ha consegnato nelle manone di Fabio.

Perchè prima viene l’uomo, poi il calciatore. E l’uomo Brutti non ha mai steccato: le partite le ha vinte tutte. Il calciatore c’è andato vicino: la bacheca è comunque zeppa di premi.

Forse la sua carriera non è ancora conclusa. Quest’estate, al termine dell’ultimo rigo, Brutti magari ha scritto un punto e virgola, più che un punto. O un punto scritto a matita.

“Il campo mi manca tantissimo, mi sento ancora un giocatore. Il fisico regge, potrei giocare ancora qualche anno. Però voglio vivere al massimo quest’esperienza, mi sto trovando benissimo”.

Perchè hai compiuto questa scelta? In pochi se l’aspettavano.

“Perchè ho avuto l’opportunità di mettermi alla prova come direttore sportivo all’interno di una società fantastica, presieduta da quel Filippo Berti che, parlo per me, ma penso il mio sia un pensiero condiviso, è un uomo straordinario. E’ un’esperienza nuova, ho cercato nuovi stimoli. E per questo ringrazio anche Michele Carcereri, è anche merito suo se ho deciso di passare dall’altra parte”.

Torniamo indietro nel tempo, la carriera del Brutti calciatore merita una degna letteratura. Quanti anni hai giocato in categoria?

“Quindici anni”.

L’esordio?

“A Saronno, in Serie D”.

Dico giovanili, e vedi…

“Vedo l’Hellas Verona, la squadra dove ho trascorso tutta la trafila del settore giovanile. Anni bellissimi, ho giocato con gente che poi ha fatto carriera, come Biasi e Corrent”.

Il ricordo più bello?

“Gli allenamenti in prima squadra, in Serie B, con Bortolo Mutti in panchina”.

Poi un lungo viaggio nei dilettanti. L’annata da ricordare?

“A Legnago, vincemmo campionato e Coppa, fu l’anno più bello, in tutto e per tutto”.

L’allenatore che porti nel cuore?

“Gianni Canovo, che ho avuto a Castelnuovo”.

I maestri dei portieri con cui ti sei trovato meglio?

“Stefano Bruni e Paolo Maini, bravissimi”.

Il compagno amico di una vita?

“Francesco Boron, è il mio migliore amico”.

Il più forte?

“Stefano Guandalini”.

L’attaccante che ti ha fatto penare?

“Fochesato, ora al Pro Hellas Monteforte”.

Il collega più forte?

“Due: Gabriele Marini e Nicola Mantovanelli. I migliori che ho incontrato”.

L’esperienza più bella di quindici anni di carriera?

“La Uefa Region’s Cup vinta l’anno scorso. Per la prima volta ho vissuto da professionista: bellissimo”.

La parata che ti è rimasta dentro?

“Due anni fa, a Caldiero: siamo ai play-out, ci fischiano rigore contro. Lo paro. Poi il rigore parato nella finale di Coppa Italia contro l’Albignasego, quand’ero a Legnago”.

Qual è stato il significato della tua carriera di portiere per quindici lunghi anni?

“Quello di essere un vero e proprio stile di vita. Il portiere non è un calciatore qualunque, ha sempre qualcosa in più. Soprattutto a livello mentale, è un ruolo difficilissimo”.

Uno sguardo al presente. Quali sono le tue aspettative per questa prima stagione da direttore sportivo?

“Rendermi utile, in tutto e per tutto. Poi, vivo un po’ alla giornata. Non so quale sarà il mio futuro. Il progetto è quadriennale, vedremo quale sarà la sua evoluzione. Io mi trovo benissimo, dunque per il momento tutto procede per il meglio”.

Ultima domanda, un pensiero al calcio giocato. Sicuro di non tornare?

“Non lo so, non voglio rispondere. Deciderò più avanti, non ci ho pensato ancora”.