La violenza nel dilettantismo: una deriva che prende piede o un episodio isolato?

La violenza nel dilettantismo: una deriva che prende piede o un episodio isolato?

by 7 Maggio 2013

La violenza nel dilettantismo: una piaga, una deriva incipiente o un episodio isolato? La speranza, è che i fatti accaduti domenica a Cà di David, ricadano nella terza ipotesi. Proviamo a ragionare: categorizzare un evento violento è impossibile, forse anche inopportuno. Cercare di circoscrivere, di etichettare in pochi aggettivi le dinamiche e le sfumature di un fenomeno che ha scritto pagine nere su pagine nere nel professionismo, è inutile. Si solleverebbe un polverone infinito. Puntare il dito contro qualcuno e qualcosa a volte serve, soprattutto quando i fatti e le colpe sono oggettive. Ma non è nel nostro stile.

La nostra scelta di campo prende un’altra rotta. La proposta è la seguente: riflettiamo, è bene che ci siano spunti per discutere, stimoli per ragionare, idee e prospettive per immaginare una dimensione futura se non migliore, almeno diversa. Stavolta invertiamo l’ordine dei fattori: anzichè partire da un quesito, partiremo da una risposta. La nostra risposta. Opinabile, condivisibile, cestinabile. Ma forse figlia di un velo di verità, di spirito critico che chiede attenzione.

Gli eventi rissosi di massa, partono da derive psicologiche del singolo. Il processo, secondo la psicologia sociale, si chiama deindividuazione: una condizione psichica per cui l’uomo, inserito nel contesto di una folla, anche circoscritta, perde la concezione del proprio “io”, sostituendola con l'”io” della folla. La scarica di adrenalina fa scordare di colpo tutti i tratti valoriali  che contraddistinguono la persona in questione. Il singolo si fonde nelle dinamiche di massa, i tanti confluiscono nell’uno. Succede nelle campagne elettorali, nei concerti, nei raduni: succede anche nel calcio dilettante. Lì in mezzo, sono tutti diversi e tutti uguali. Professori e operai, imprenditori e politici, impiegati e dottori.

E’ un fenomeno raccapricciante, se ci pensate. Par quasi che la partita sia il pretesto per scaricare tensioni, per lenire le ansie e i pensieri di una settimana di lavoro. Concettualmente, ci può anche stare. Significherebbe far coincidere il calcio con una valvola di sfogo. Di energia positiva, però. Non del metaforico Mister Hyde che alberga in ognuno di noi.

Passi per l’importanza di una gara, per i nervosi che i 90′ fanno accumulare. Ma scatenare una rissa è da trogloditi, soprattutto in un mondo come il nostro. L’obiettivo della riflessione, badate, non è quello di fare la morale a qualcuno. Non è un compito che spetta a noi. Però vien da chiedersi: perchè succede ancora? Se ne è parlato abbastanza, di morigerare il clima, di placare gli spiriti bollenti. Un po’ di verve ci vuole, ma troppa nuoce all’intero sistema-calcio.

Eppur succede. Con cadenza sempre minore, ma succede. Un mese fa in una partita tra giovani, domenica in una gara di Prima Categoria. Perchè? Perchè certe devianze da bruti da stadio le hanno quasi tutti: negarlo è inutile. Per fortuna però, c’è chi riesce a contenersi, a prendere le cose per il lato in cui andrebbero prese. Proviamo a fare un passo in avanti: seguiamoli, coloro che camminano sulla retta via. E facciamola, una riflessione. La colpa è di tutti: cominciamo ad espiarla, prima che arrivi settembre.