LA STORIA/Djukaric, la quiete dopo la tempesta

by 24 Agosto 2012

 La Bosnia è lontana, così come le asperità di un paese falcidiato dalle guerre. La natia Banjaluca, è un ricordo che si perde oltre l’orizzonte. Negli occhi di Dobrinko Djukaric, c’è la quiete di chi ha trovato stabilità dopo mille tempeste. L’espatrio verso l’Italia, per molti popoli dell’ex Jugoslavia, è storia nota. Valigia in mano, pochi soldi, gli occhi gonfi di speranze. Le difficoltà della vita al di là dell’Adriatico non hanno risparmiato nemmeno Dobrinko, attaccante ora in forza al Tregnago giunto nel Belpaese in cerca di una nuova vita. Scelta obbligata, necessaria, anche per chi, come lui, cullava sogni di gloria nel calcio. Promessa del Ljubic, una formazione di serie B bosniaca, ha visto il professionismo da vicino, prima di attraversare il mare. Avrebbe potuto avere un futuro, se le vita in Bosnia non corresse lungo un filo troppo sottile. All’incertezza però, Dobrinko Djukaric ha scelto la sicurezza di un lavoro certo – ora è meccanico – , senza dimenticare la passione per il calcio. Dopo Caldiero e Virtus, la sua nuova sfida si chiama Tregnago, e il suo obiettivo è fin troppo facile da intuire:

“Voglio segnare di più, ci devo riuscire. Questo per me è un anno molto importante e spero di fare bene qui a Tregnago. Quando sono arrivato in Italia, nella Juniores del Caldiero ho segnato 42 goal, vorrei tornare ad essere decisivo come allora ”.

Facciamo un salto all’indietro: che ricordo porti in cuore della Bosnia?

“Là ci sono le mie radici, non le dimentico ma io sto bene qui. Venire in Italia è stata la scelta giusta, ho un lavoro e coltivo la mia passione: non mi serve altro ”.

Parliamo di calcio, che differenze ci sono tra la Bosnia e l’Italia?

“Una differenza immensa. In Bosnia ci sono due campionati di livello, la Serie A e la Serie B. Ma per come vedo io il calcio, per fare un confronto, la B bosniaca equivale ad una Serie D qui, per capirsi, il divario è enorme. Qui c’è più preparazione, più qualità tecnica e delle strutture migliori, mentre in Bosnia si punta molto sulla fisicità e i campi di calcio, per dirla tutta, non permettono grandi cose a livello tecnico ”.

Quando giocavi nel Ljubic, il professionismo era ad un passo, poi hai scelto di venire in Italia: perché?

“Ho un bel ricordo dei tempi al Ljubic. Ci allenavamo ogni giorno e avevamo un buon allenatore, che due volte la settimana ci insegnava anche la tattica. Sognavo di diventare un professionista, ma non avendone la certezza ho scelto di venire qui per trovare un lavoro, sapendo che avrei continuato a giocare, ma ad altri livelli ”.

Guardando al futuro invece, quali sono le tue prospettive?

“Restare qui in Italia, proseguire la mia attività lavorativa e togliermi delle soddisfazioni nel calcio. Non importa se non ho raggiunto il professionismo, qui in Italia mi son sempre trovato bene con tutti e non ho rimpianti. Ora sono a Tregnago, spero di ripagare la fiducia della società, per me è importante ”.

Riccardo Perandini