Incroci: quando l’arte incontra il calcio

Incroci: quando l’arte incontra il calcio

by 10 Aprile 2013

Vi siete mai chiesti quando l’arte, coi suoi patrimoni, incontra il nostro mondo? Probabilmente no. Noi invece, abbiamo deciso di provarci. Abbiamo parlato di letteratura, scherzato con la filosofia. Il passo verso l’arte non è poi così lungo, tentar non nuoce. Il confronto, lo vedrete, sarà ampissimo. Di certo non si può esaurire qui, in un solo articolo. Le sfaccettature sono molteplici, le analogie e le differenze sterminate, così come le valutazioni e i giudizi che si possono formulare. E’ praticamente impossibile trattarle tutte. Vi daremo in pasto una fetta, un assaggio. Prendiamola così: l’articolo è una raccolta di pillole, di piccole pietruzze rubate all’arte e prestate al pallone. Voi osservatele, poi diteci se sono sassi o pepite.

 

Partiamo dall’inizio: è agosto, il solleone domina sovrano nel cielo. La calura ci soffoca, l’estate ancora impazza gioiosa. E’ tempo di ricominciare, tra speranze e proclami, ambizioni e illusioni. Ad agosto siamo tutti piccoli viandanti sul mare di nebbia, persi nei nostri pensieri, tesi verso chissà quale concezione d’assoluto. Quell’uomo che Friedrich disegnò, così misterioso, così incognito, è lo specchio dell’uomo d’oggi. Volenteroso, ma senza riferimenti. In cerca di un punto fermo, ma sempre in viaggio. Come gli attori del dilettantismo agli inizi, tanto pieni di propositi, quanto di scomode incertezze.

In quei giorni, i direttori sportivi e gli allenatori hanno appena terminato di programmare la stagione (sempre che abbiano tentato). Soddisfatti e con aria lungimirante, si siedono quieti, immaginando il futuro. Come Mallarmè ritratto da Monet, solo e pensoso, lui e il suo ego, perso tra mille divagazioni mentali.

E i calciatori? I calciatori sono le meduse del Caravaggio. Dal volto tirato, l’espressione a metà tra lo stanco, lo spossato e lo stressato, i capelli arruffati, scompigliati dal sudore e dal saluto del vento che soffia.

Solitari, tra i calciatori spiccano loro, gli uomini dalle mani guantate: i portieri. Tra paletti e ostacoli, aizzati dai rimbrotti dei preparatori, volano da una parte all’altra della porta, imitando l’uomo a otto arti del Leonardo, simbolo delle possibilità umane.

Poi iniziano le ostilità: la routine riprende, si parte con la Coppa, poi arriva il campionato. Riparte la gioiosa guerriglia attorno a quel pallone che schizza impazzito, calciato qua e là da mille pedate e altrettante manovre della sorte. Una tauromachia lunga dieci mesi. Senza tori, ma con la stessa verve, la stessa veemenza, la stessa intensità.

In quei dieci mesi si vede di tutto: fatiche, esplosioni di gioia, dolori, capitomboli della sorte, atti impuri, azioni incontrollate. L’umanità, con un pallone tra i piedi, si palesa per quello che è, nella sua nudità più pura. A volte sprofonda nell’incomprensibile, e il riferimento tocca tutti gli addetti ai lavori. “Il sonno della ragione genera mostri”, dipingeva tetro Goya: niente di più vero, di più vicino a noi. Per troppi aspetti stiamo rovinando lo sport più bello del mondo: non dite che non è vero, troppe volte è stato fatto il passo più lungo della gamba. La situazione è difficile: urge un’inversione di tendenza. Soprattutto dopo alcuni fatti accaduti negli ultimi tempi (tutti li conosciamo, citarli non serve), giunti ormai al limite del grottesco. Ci sono troppe linee curve, troppi profili sfumati, come ne “L’urlo” di Munch, dove lo sguardo si perde in uno sconfinato, agghiacciante infinito.

Torniamo indietro, finchè possiamo. Il giudizio universale arriva per tutti. Lo dipinse Leonardo, con straordinario acume, in un quadro che sembra ritrarci. Lo troviamo nelle massime filosofiche, nei dettami religiosi. Lo impariamo dalla vita di tutti i giorni, che il momento di render conto delle proprie azioni arriva. E’ bene ripeterlo, di questi tempi.

E’ bene ripeterlo perchè, se riuscissimo a raddrizzare il tiro, a trasformare la crisi in opportunità di scelta, allora ci sarebbe un motivo per guardare al futuro con fiducia. Con l’incertezza che ci danza attorno, certo. Ma con mille prospettive in più: guardate “I putti” di Raffaello, l’ultima opera scelta. Sono tranquilli, eppure in loro c’è una luce positiva. Nei loro occhi brilla la voglia di fare, la voglia che cambi qualcosa. Ecco, per una volta, torniamo bambini. Senza remore, rimorsi, peccati da espiare. Scommettete che, crescendo, non faremmo più gli stessi errori?

 

Ps.: Le opere citate, sono disposte in ordine qui sotto, nella galleria allegata. Alla prossima!