Il lavoro nel settore giovanile: che fare? La parola a Nicolò Priuli

Il lavoro nel settore giovanile: che fare? La parola a Nicolò Priuli

by 14 Giugno 2013

Il lavoro nel settore giovanile. Tematica scottante, dove si incrociano le opinioni più disparate. Sull’argomento, piove di tutto: buonsenso e necessità, proclami e pressapochismo. Proviamo a fare il punto della situazione con una focalizzazione interna al mondo giovanile. La parola va a Nicolò Priuli, tecnico delle giovanili del Cadidavid. Questo, riportato in versione integrale, il pensiero di Priuli:

 

Lavorare nel settore giovanile sembra facile, a volte molti si improvvisano allenatori, ma sono convinto che in realtà è un compito che non tutti possono svolgere.

Le problematiche che ci sono in questo settore sono molte, ma vorrei fare un punto della situazione sulle competenze  tecniche di  noi allenatori; diamo per scontata la competenza degli allenatori  o ci accorgiamo guardando a volte la panchina a fianco che forse qualcosa manca ancora?

Inoltre, mi pongo questa domanda: se fossimo noi i genitori cosa vorremmo fosse fatto per migliorare l’ambiente calcistico giovanile?

Partiamo da chi ha le redini di tutto, cioè le società calcistiche: la situazione economica non è delle migliori e di certo il detto” fare di necessità virtù” potrebbe essere il  nostro caso, ma cercare di investire più risorse sui  piccoli non sarebbe una brutta idea.  E’ la categoria più debole, quella che bisogna tutelare poiché a quell’età potremmo fare dei danni enormi ad esempio dicendo una parola sbagliata si scatenerebbero una valanga di emozioni  negative all’interno di quei bambini che non hanno ancora un carattere formato; è proprio per questo che bisogna investire di più mettendo sulle panchine persone qualificate.

Come possiamo fare per migliorarci con pochi fondi economici?Cercare per lo meno di creare programmi tecnici societari con progetti a lungo termine. Questo ovviamente dovrebbe avvenire dai piccoli amici fino ad arrivare ai giovanissimi in tutte le società.

 

Troppe volte assistiamo ad allenatori improvvisati, qui le società hanno il dovere di intervenire, cercando di selezionare,  in base ovviamente alle loro risorse, personale competente per cercare di togliere letteralmente le mele marce che ogni sabato  in panchina  urlano e imprecano contro i loro ragazzini; a volte mi chiedo : “ma se fanno cosi alle partite come si comporteranno durante gli allenamenti?”. Esistono per fortuna dei corsi in federazione e sono aperti a tutti come il corso CONI-FIGC ; di certo affrontare un corso del genere richiede tempo e fatica poiché la durata è all’incirca sulle 95 ore e occupa una fascia di tempo di 4 mesi ma penso che debba essere un obbligo morale  per tutti, nel rispetto di genitori che ci affidano per ben 10 mesi il loro figlio. All’interno di queste ore non a caso ci sono lezioni dedicate alla psicopedagogia , materia che necessita una particolare attenzione da parte di noi allenatori per poter comprendere il mondo dei nostri piccoli giocatori che non è uguale al nostro.  In sostanza sta a noi dare credibilità a questo sport rendendoci più competenti possibili, creare programmi e lavorare in base a conoscenze tecniche acquisite.

Mi sono inoltre chiesto: è giusto che un genitore non sia a conoscenza di programmi tecnici e di nomi degli allenatori prima di un iscrizione? Risponderei NI.

Oggi esistono le preiscrizioni, ci può stare ma non sarebbe opportuno che la società in contemporanea fornisse un foglio informativo tecnico che indichi chi è l’allenatore, il programma che svolgerà, e i mezzi a disposizione della società? A mio parere una persona che compra un servizio deve necessariamente conoscere ciò che gli verrà fornito. Chi non fa questo vende un servizio a scatola chiusa chiedendo dei soldi senza dare certezza di competenza. E ovviamente nel caso in cui la società fornisca tutto, il genitore deve dare massima fiducia lasciando lavorare al meglio il team senza creare pressioni molte volte inutili.

E ben venga se sulla bacheca del campo, o sul sito della società di quartiere o in quella professionistica sia pure esposto questo progetto; poco capiranno certi  genitori ma altri vi assicuro che saranno interessati e qualche domanda la faranno e noi dobbiamo essere pronti a rispondere. In questo modo i genitori si sentiranno un po’ meno Cesare Prandelli, e noi ci sentiremo un po’ più allenatori convinti che il lavoro che stiamo affrontando sia logico e dia la giusta crescita ai nostri giovani”.

Nicolò Priuli