Hellas, un giubileo gialloblù cancella undici anni di sofferenza. E’ Serie A!

Hellas, un giubileo gialloblù cancella undici anni di sofferenza. E’ Serie A!

by 20 Maggio 2013

“Serie A! Serie A!” Cantava il popolo gialloblù a pochi minuti dal termine di Verona-Empoli. Alla faccia della scaramanzia, della cabala, del fato. La fede, la voglia di vincere, era superiore a tutto, anche alle immancabili manie degli ultrà, anche alle toccatine catartiche. Non c’era verso: l’aria elettrica, ventisettemila anime in festa rendevano l’atmosfera incantata, si respirava la sensazione che tutto, finalmente, fosse possibile. Lo spettacolo, più che sul campo, era sugli spalti.

Là, in quelle tribune ricolme di gente traboccante di aspettative cullate da undici anni. Per troppo tempo la Serie A è mancata: ora invece è una realtà. Qui, a portata di mano, sulla nostra pelle, sublime come non mai. In Serie A ci ha riportati un gruppo con la “g” maiuscola, ci ha trascinati un tecnico, Andrea Mandorlini, che ha remato più forte di tutto e di tutti, anche di raccapriccianti critiche e inutili squalifiche. In Serie A torna una città intera che la massima serie la merita più di tante altre. Per il cuore, la passione, la genuina incoscienza ultrà con cui il popolo dell’Hellas segue le vicende del club.

Sabato, attorno allo stadio, c’era la gente che avrebbe voluto tifare, ma non ha potuto. Il “Bentegodi” pieno però, non ha scoraggiato la voglia di festa. La zona stadio era un corteo festante con partecipanti di tutte le età, con gli occhi gonfi di speranza dalle 16.30 in poi, pieni di gioia invece, dopo il più atteso dei triplici fischi.

Segno di quanto questa vittoria era attesa, agognata, sognata, accarezzata col pensiero. Tra quella gente c’ero anche io. Ho visto spezzoni di partita dagli spiragli del parterre insieme a centinaia di persone. Sentivo le urla, i cori della curva. Quando la palla correva al di là della mi piccola visuale, come Leopardi, immaginavo l’infinito oltre le mura dello stadio. Magari un sussulto, una giocata da ricordare, magari un goal, che non è arrivato, ma a noi va bene lo stesso.

Esserci era bellissimo, anche se si vedeva poco. Dalla radiolina, l’epico Puliero decantava le ultime battute delle “res gestae” degli uomini di Mandorlini. “Sembra di essere a Capodanno, tutti attendono la mezzanotte, che per noi vuol dire Serie A”, diceva la voce del magico Roberto. In campo la palla schizzava veloce, ma lo zero a zero rimaneva l’unica, fondamentale costante da non cambiare. La variabile indipendente da cui sognare, finalmente, la rinascita.

Allo scoccare dei minuti di recupero, Puliero scherza con la sorte. “Quest’anno la mezzanotte arriva due minuti dopo – ride Puliero – l’arbitro ha concesso due minuti di recupero, contateli con noi, amici sportivi veronesi “. Sono momenti di pura trepidazione. Poi il triplice fischio arriva, suadente, accolto tra urla di giubilo, come se quei tre fischi nell’aria fossero chissà quale concerto.

In quel momento è partita la festa. Verona intera si colorava di gialloblù, di gioia, di goliardia, di tutto ciò che per undici anni abbiamo accumulato. Facciamo che duri a lungo, ce lo siamo meritati: siamo in serie A, adesso sì, che inizia il divertimento.