Fiorenzo Bognin, le memorie di un decano

Fiorenzo Bognin, le memorie di un decano

by 16 Settembre 2013

Tuffo all’indietro. Il presente per cinque minuti non conta più. Si viaggia nella memoria: bastano due domande, e tutto torna a galla, come fosse ieri. Fiorenzo Bognin apre le porte del suo passato. Un mare di ricordi, aneddoti, sensazioni, corsi e ricorsi di una vita che fu. Il suo racconto è la storia di un calcio che cambia. E’ la descrizione, appassionata e divertita, di quel pallone che non c’è più. Quando i ritmi erano blandi, e l’improvvisazione ancora un’arte concessa a pochi. Ai portieri, soprattutto.

Primi ad arrivare e ultimi a lasciare lo spogliatoio. Per loro la vita in campo era un punto interrogativo. C’erano i concetti base, i segreti del ruolo. Pochi però li conoscevano. Il mestiere lo imparavi là, tra i legni, lottando con te stesso e il pallone. Non c’erano i preparatori dei portieri.

“Neanche in Serie B al Verona li avevo. Quell’anno giocavo assieme a Tricella, che poi vinse lo scudetto. Eravamo una squadra giovanissima, ma piena di volontà. Però era un altro calcio: c’era l’allenatore, quello sì. Ma noi portieri eravamo quasi un corpo estraneo. Ci allenava, dopo le due ore di allenamento assieme alla squadra, l’allenatore in seconda. Ci metteva in porta, e calciava. Finchè non ci stancavamo, quello era il nostro allenamento”.

Una carriera lunghissima, quella di Fiorenzo Bognin.

“Ho iniziato nella Sambonifacese. Scoprii il calcio nell’oratorio San Giovanni Bosco di San Bonifacio e mi innamorai subito. L’emozione più bella di quel periodo fu l’esordio in prima squadra a sedici anni. Intensissima, me la ricordo ancora”.

Poi tanta gavetta, nove anni in Quarta Serie, oggi corrispondente alla Seconda Divisione del campionato di Lega Pro.

“Ho fatto nove anni in Quarta Serie. Sampietrese, Adriese, Legnago, Abano. Anni intensi, quel calcio era ancora romantico, operaio. Eri semiprofessionista, lavoravi di giorno e la sera, o nei pomeriggi liberi, ti allenavi. Oggi non è più così”.

Nessun rimpianto. O forse, uno c’è.

“Quando mi prese il Verona mi misero sotto contratto. Era la svolta della mia carriera. Però vollero mandarmi a Nocera Inferiore, al Sud. Io non volevo andar lontano da casa, avevo ventisette anni e feci un’altra scelta, rimanendo nei semiprofessionisti”.

Il professionismo, in ogni caso, Bognin lo toccò con l’Adriese. Squadra con cui, anni dopo, confezionò un record che ad Adria vale ancora oggi: mille e venti minuti di imbattibilità.

“E’ vero, recentemente gli amici del Calcio Club Adria mi hanno ricordato come il mio record fosse ancora in piedi”.

Una carriera infinita, la sua. Fino a 35 anni, per poi dare spazio al lavoro da dietro le quinte, seduto in panca, al servizio dei giovani.

“Potevo giocare fino a quarant’anni, ma mi fermò un problema al cuore. Dal 1986 alleno in categoria, con un occhio di riguardo rivolto sempre verso i giovani. Per me è un po’ una missione, anche quest’anno a Monteforte è così. La partenza è buona, speriamo di mantenerci su questi livelli”.