Così lavora il Caldiero. Piuzzi apre le porte del suo laboratorio: “Le distanze? Inutili nel calcio d’oggi. Prediligo la palla e vi spiego perchè”

Così lavora il Caldiero. Piuzzi apre le porte del suo laboratorio: “Le distanze? Inutili nel calcio d’oggi. Prediligo la palla e vi spiego perchè”

by 5 Agosto 2015

Porte spalancate. Roberto Piuzzi è il primo tecnico a presentarci il personale laboratorio d’idee. Caldiero è un cantiere aperto, in pieno  lavoro, si suda davvero. Il vento del cambiamento è soffiato forte, ma Piuzzi è architetto in grado di cavalcarlo come si deve. Già ora, confesserà, intravede la forma finale della sua creatura. Il materiale è d’ottima fattura, starà a lui lavorarlo, perché allenare è un po’ scolpire: si toglie il superfluo per ottenere il disegno teorico nell’estetica pratica.

L’avevamo anticipato: parleremo di calcio, quando possibile, in maniera più approfondita. A tu per tu con i diretti interessati. Un confronto piacevole costruito su idee, vedute, convinzioni, metodi. Un focus sulla preparazione di squadre  e portieri centrata sul piano più filosofico, concettuale, chiamiamolo così, dando voce agli interpreti del nostro calcio.

Piuzzi è il primo tecnico che, gentilmente, ci ha concesso l’intervista. Caldiero, nel passato recente, s’è elevata nel novero delle società modello nel veronese. Giusto, dunque, partire da loro. Non si vince un campionato a marzo per caso. C’erano grandi giocatori per la Promozione: vero. Ma è anche vero che  la storia insegna come  altrove, con complessi di valore simile, i fallimenti siano stati fragorosi.

Vincere sapendo di dover vincere è un’impresa grande tanto quelle intrise delle gesta di chi fa il gran botto dopo un anno da ricordare o di chi ottiene  insperate salvezze  nel general clamore. Ora Piuzzi è chiamato al cospetto di Sua Eccellenza. Sul suo volto c’è un’espressione che mescola emozione e ambizione, serietà e grande forza di volontà. Ci sono nomi e curriculum per stimolare la piazza, che ha, ormai, un appetito raffinato. Piuzzi, in attesa di test probanti, ci spiega come fa lavorare il suo Caldiero.

“Prediligo la palla e vi spiego perchè – esordisce – è l’attrezzo del mestiere di un calciatore ad ogni categoria, nasconderlo a inizio preparazione come  si faceva una volta è inutile. Qui i ragazzi giocano dal primo giorno, voglio vederli all’opera da subito, anche per conoscerli meglio. Quando andremo in campo la domenica avremo la palla tra i piedi, più la toccano, dunque, meglio è”.

Condizionamento generale, test atletici che ripropongono lo sforzo della partita, forza inserita con gradualità, capacità aerobica con cambi di ritmo e poche distanze. Piuzzi ha scelto questo metodo per mettere benzina nel motore del Caldiero.

“I  primi tre giorni abbiamo operato  un condizionamento generale – prosegue – in estate c’è chi si tiene in forma e chi meno, proprio per questo siamo partiti prima per portare tutti ad un livello simile. Corsa lenta, dunque, per minutaggi di 10 o 12 minuti ripetuti per due volte con l’inserimento di qualche accelerazione. La forza la inseriremo più  avanti, con il preparatore Zambello c’è sintonia, condividiamo il metodo di preparazione. Quando ha bisogno di più tempo glielo concedo, so di affidare la squadra in ottime mani. Il ritmo? Arriverà col tempo. Finito il rodaggio iniziale proseguiremo con lavori che allenano la potenza aerobica con cambi di ritmo e  ripetute su distanze brevi. Quelle lunghe sono ormai da accantonare: in partita non si percorrono mille metri di fila tutti in una volta. L’allenamento deve riproporre lo sforzo che si fa in gara, altrimenti caricare inutilmente è deleterio”.

Un gran maestro di calcio. Piuzzi s’è guadagnato negli anni l’etichetta di mentore, di professore in calzoncini e bullonate. Un mestierante dalle idee chiare e dall’ottima capacità di comunicarle. E’ lui stesso a spiegarci il suo modo di trasmettere la tattica, suo pallino personale.

“Sapere cosa si deve fare in ogni circostanza è fondamentale – conclude – per questo la tattica è importante. I giocatori devono avere dei concetti chiari in testa per muoversi con coscienza in campo. Poi, ovvio. Io insegno loro i movimenti, poi sono loro a gestire  le loro intuizioni durante la partita.  La mia idea, quest’anno, è partire con un 4-2-3-1  in grado di permettere alla squadra di far muovere la palla e di comandare  la partita. Ho gente che ha bisogno di essere al centro dell’azione, di avere continui stimoli. Ho dunque il dovere di disegnare uno schieramento che esalti le qualità dei giocatori che lo  interpretano. Faccio un esempio: Vecchione  è fortissimo tecnicamente.  Deve lavorare per ricevere spesso il pallone, smarcato, e con la possibilità di inventare. Ha classe e va sfruttata. Se lo faccio giocare davanti da solo e lo serviamo con palle lunghe  lo metteremmo in difficoltà. Ecco, concludo dicendo che l’azione parte da dietro. Ci credo moltissimo: in questi giorni lavoro sulla circolazione di palla nel raccordo difesa-centrocampo. Palla che parte dal portiere, difensori che s’allargano, mediana che detta i tempi e gli inserimenti. Bisogna far uscire gli avversari dal guscio: per farli correre dobbiamo muovere la palla coi tempi giusti. Comunque, l’unica verità è questa: gli schemi valgono fino agli ultimi venti metri. Poi ci vuole classe e cattiveria: senza, non si va da nessuna parte. I miei lo capiranno presto”.