“Col pallone ai piedi, anche i salici sorridono”. La poesia del calcio dilettantistico

“Col pallone ai piedi, anche i salici sorridono”. La poesia del calcio dilettantistico

by 15 Aprile 2013

Un pallone, gli amici, la strada.

Basta giocare: poi vada come vada.

Campi improvvisati, porte metafisiche, ginocchia sbucciate,

senza pensieri, timori, tattiche imbalsamate.

Tutti contro tutti, ruoli inventati, confini infiniti, scarpe… usurate.

“Che diamine – urla la mamma – le avevi appena comprate!”

Inizia così, tra sogno e realtà,

quel viaggio nel pallone che non conosce età.

Quando non esistono arbitri, non esistono regole,

perchè tutti i passaggi sembrano favole.

Mille corse a perdifiato, gli occhi verso il cielo, la fatica che si dipinge sul viso.

Ogni finta è una sfida, ogni tiro un sussulto, ogni rete un sorriso.

La strada, l’oratorio, i campetti di periferia,

quanti ricordi, quante gioie, in quei pomeriggi di pura poesia.

Poi gli anni passano, il tempo vola via.

C’è la scuola, i compiti, lo studio che ci rincorre.

La passione però resta, fa rima con volontà, sacrificio, temperanza,

sempre lodata, ma mai abbastanza.

Sublima ogni sforzo, ogni istante, ogni attimo di vita

spesa a rincorrere quella scintilla mai spenta, mai dimenticata, mai sopita.

Allenamenti, partite, campionati:

è una routine da cui tutti siamo passati.

Tra gioie e dolori, speranze e sogni di gloria,

incisi, indelebili, nella memoria.

Nonostante il lavoro, la crisi che impazza, il tempo che vola,

in quei campi spelacchiati, da sempre, c’è una scintilla che ci consola.

Perchè è un’abitudine corroborante,

il tran tran del calcio dilettante.

E’ fatta di impegni, ma è fatta per svago.

E’ ripetitiva, ma nessuno è mai pago.

E’ come un ossimoro, è una figura retorica

che ancor non si pente d’esser sempre iperbolica.

Vive tra l’imperfezione e la condivisione,

tra il rispetto dei ruoli e il gusto per l’evasione,

come in un bel romanzo, un racconto d’avventura,

che parla della vita nella sua dimensione più pura.

Che ne descrive il candore, la bellezza, la sincerità suprema

anche quando tutto scorre, tutto vibra, tutto trema.

Che ne riconosce gli errori, le mancanze, le cadute in fallo.

Che punta il dito contro le maldicenze, le parole di troppo, le fasi di stallo.

Perchè giocare a calcio è tornare bambini:

una sculacciata ogni tanto ci vuole,

se non si vuol rinsecchire sotto la luce del sole.

Un sole che, come il pallone,

attira e manda in confusione,

seduce e abbandona

mentre par dire: “Non stare in poltrona!”

Giocare a calcio è un viaggio sull’altalena,

è la corsa di un’anima in pena

che, mentre prova volare,

guarda il compagno e sussurra: “Non ti fermare!”

Perchè il calcio dilettante è una metafora dell’esistenza,

dove tutto ha un sinonimo, un contrario, un significato, una sua incidenza.

E’ la storia di un’anima buona

che vive in un motto, in una massima che mai ci abbandona:

la vita per il calcio, il calcio per la vita,

funziona così, la nostra storia infinita.