Ci vuole una… Gambadoro, per volare in Promozione. Successo storico per il Concordia: San Zeno steso ai rigori

Ci vuole una… Gambadoro, per volare in Promozione. Successo storico per il Concordia: San Zeno steso ai rigori

by 12 Maggio 2013

Marcello Gambadoro. C’è voluto lui, per fare entrare il Concordia nella storia. C’è voluto il suo estro, il suo tocco felpato, il suo saper essere decisivo nel momento giusto. La storia del Pgs Concordia parlerà di Gambadoro come il singolo che esaltò il collettivo di una squadra volata oltre i propri limiti, narrerà di quell’operaio del pallone che, una domenica di maggio, fece del piede destro un pennello felice, ispirato, con cui scrivere la pagina più bella della vita di un club. Il suo nome, in borgo Milano, sarà il simbolo di un giorno in cui gloria, storia e memoria sono state, come per incanto, la stessa identica cosa, racchiuse in una rima che profuma di poesia pura.

Sì, poesia. La poesia di un ricordo a tinte biancoviola che toccò il cielo con un dito, quasi senza accorgersene, quasi spinto da una mano divina nell’ultimo atto di una fatica lunga dieci mesi. Perchè di prosa nel successo del Concordia ci sono solo le fondamenta: il resto è “inventio”, retorica, rima. La rima bella, orecchiabile e suadente di un finale di stagione impensabile. Vissuto sempre da dietro, sempre a rincorrere. Per poi, d’un tratto, ritrovarsi là davanti, di fronte al nemico più agguerrito, a giocarsi la posta più alta, il premio più ambito.

San Zeno-Concordia andata di scena a Caselle è stata questo e molto altro. E’ stata la sfida tra l’ambizione a tutti i costi e la spinta dell’entusiasmo inaspettato. E’ stato l’incontro di due titani ritrovatisi a combattere il duello decisivo in 120′ di pura libidine calcistica. Una partita maschia, sempre in bilico, a tratti bloccata e a tratti dirompente per le emozioni che ha saputo regalare. Come una grande sfida: mai senza un brivido.

E’ stata l’ultima rima di un ricercato endecasillabo che potrebbe intitolarsi “Rimonta”: undici versi, come undici sono gli uomini che scendono in campo. Per vincere il campionato il Concordia non poteva non sudare sette camicie. Le ha sudate tutto l’anno: impossibile sgarrare all’ultimo tango. E infatti è andato in svantaggio. Prima Viscione e poi Bertoletti hanno provato a tingere di granata il cielo sopra Caselle. Ma non ci sono riusciti. Il grido per l’undici della Busa è rimasto strozzato in gola. Soffocato da Giovanni Filippini, abile dirimpettaio della corsia laterale che trovò il pareggio a pochi minuti dal termine del tempo regolamentare. Fatto ingoiare di nuovo da Marcello Gambadoro, lesto ad indovinare il pertugio giusto quando tutto sembrava perduto, a cinque minuti dalla conclusione dei supplementari. Lasciato dimenticare, con un retrogusto amaro, amarissimo, sempre dall’uomo simbolo della promozione biancoviola: Gambadoro. Ai rigori, il pallone più pesante è capitato a lui. Al quarto tiro, dopo che un grande Verzini aveva neutralizzato il tiro di Pauciullo e che Bellotti aveva sparato alle stelle. Gambadoro non s’è fatto pregare: rincorsa corta, botta tesa, palla da una parte, Nicoletti dall’altra.

Mentre la palla accarezzava il sacco, c’è stato un istante di silenzio irreale. Nessuno sembrava credeci, nemmeno Gambadoro che restava impietrito a guardare quant’è bello quel pallone in fondo alla rete. Poi, la festa: le urla di giubilo che irrompevano nell’aria, i suoni della festa, i profumi della goliardia passeggiavano per i ciuffi dell’impianto sportivo.

Il Concordia è in Promozione: la rincorsa è finita, e anche Marzio Menegotti può finalmente riposare, alzando gli occhi al cielo. Perchè anche lui, un giorno, potrà dire quant’è bello godersi il panorama, una volta raggiunta la cima.