Capitan Roberto Meneghetti, a Belfiore le bandiere esistono ancora

Capitan Roberto Meneghetti, a Belfiore le bandiere esistono ancora

by 12 Agosto 2013

Ventidue anni di Belfiorese e non sentirli. Cambiano i volti dei compagni, degli allenatori, dei collaboratori: lui rimane. Capitan Meneghetti non molla, resta dov’è nato e cresciuto: Belfiore, paese in cui vive e gioca, ringhiando sugli attaccanti da quando aveva cinque anni.

Stesso campo, stessa maglia, stessa fede: la carriera in biancazzurro di capitan Roberto Meneghetti è il romanzo di un amore e di un orgoglio, di una militanza e di un senso di appartenenza che, senza far troppo rumore, nel loro piccolo, sono già storia.

Perchè il calcio secondo Meneghetti profuma di semplicità. Ha il sapore fresco delle cose genuine, il contorno, a suo modo poetico, del dilettante nel senso latino del termine, “delectans”, colui che si diverte.

Perchè Meneghetti è un leader silenzioso. Non ama mettersi in luce: per lui parla il campo, contano i rapporti, le amicizie, gli aneddoti che costruiscono lo spogliatoio, dentro e fuori il rettangolo di gioco.

Il suo calcio è questo: sincerità, allo stato puro, nella sua forma più semplice.

In campo, mentre gioca, ricorda l’uomo secondo Machiavelli: un po’ volpe e un po’ leone. Stopper vecchia scuola catapultato nei ghirigori della modernità, uno di quelli che Nereo Rocco avrebbe schierato subito, in una delle sue formazioni. Meneghetti lotta, corre, si danna l’anima, reggendo l’urto con l’aria di chi sa, in cuor suo, qual è la via da seguire.

La sua storia parte per le strade di Belfiore. Il primo campo, le prime partite, hanno luogo nell’oratorio belfiorese, come da prassi vent’anni fa. Quell’oratorio si chiama “Gaudete”. In quell’imperativo latino c’è il segreto del calcio, della sua storia, e di quella della Belfiorese: divertitevi. A pensarci bene, non poteva che essere così.

“Avevo cinque anni – ricorda Roberto – giocavo coi miei amici e stando con loro scoprii il calcio. Fu così per molti, mi piaceva, così mi iscrissi alla Belfiorese. Da lì, per ventidue anni, non mi sono mai mosso”.

Qual è il ricordo più bello delle giovanili biancazzurre?

“Il trofeo Giacomi vinto assieme a Meggiorini, che ora gioca in Serie A. Quel torneo giocò con noi. Poi dico i due anni di Juniores Regionali vinti, furono grandi annate”.

L’allenatore che ricordi con piacere del vivaio?

“Simone Marocchio, è stato fondamentale per me”.

Dico esordio in prima squadra e vedi…

“Vedo Antonio Bogoni in panchina, giocavamo contro il Thiene. Mi disse di scaldarmi e che sarei entrato. Perdevamo uno a zero, entrai e vincemmo due a uno. Non fu merito mio, sia chiaro, però fu una bella soddisfazione. Anche perchè prima di entrare, sono sincero, un po’ mi tremavano le gambe”.

Tra gli allenatori che hai avuto in prima squadra invece, chi porti nel cuore?

“Birtele, Visonà e Matteoni”.

Le annate migliori?

“Il primo anno di Eccellenza con Birtele, il primo in Promozione con Visonà, in cui sfiorammo per un pelo il salto in Eccellenza nella finale play-off col Villafranca. E l’anno con Matteoni in cui siamo saliti in Promozione dalla Prima Categoria passando dai play-off, due anni fa”.

Quella storta invece?

“Le retrocessioni, soprattutto quella di tre anni fa nello spareggio con l’Illasi. Non voglio pensarci”.

Il compagno più forte?

“Ne dico tre: Marco Gaina, Giorgio Nardi e Simone Santin”.

L’amico conosciuto in anni e anni di Belfiorese?

“Uno su tutti: Alberto Bertassello. Con lui ho ancora un ottimo rapporto”.

Qual è il significato, per te, di ventidue anni di Belfiorese?

“Un orgoglio e una soddisfazione personale. Se mi guardo indietro, rifarei tutto. Non mi sono mai mosso perchè mi sono sempre trovato benissimo, e poi la Belfiorese è la squadra del mio paese, c’è sempre qualche motivazione in più”.

E il valore della fascia di capitano?

“Un orgoglio anche quello, anche se, visto che mi conoscono tutti, è un pro e un contro allo stesso tempo. Dipende da come va la partita!”.

La famiglia Meneghetti alla Belfiorese ha dato tanti giocatori. Siete rimasti in due, tu, e tuo cugino Mauro. Ha un sapore particolare per te, il fatto di giocare quasi in casa?

“Sì, sicuramente. Non ne parliamo spesso, ma fa sempre piacere. Ho un ottimo rapporto con tutti, anche grazie al calcio”.

Concludiamo, Roberto. Dove arriverà quest’anno la Belfiorese?

“Vogliamo un campionato tranquillo, in tutti i sensi. Poi parlerà il campo, non fisso obiettivi”.